Pagina:Boiardo - Orlando innamorato II.djvu/529

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[St. 23-26] libro ii. canto xxxi 519

23 Il re Gualciotto di Bellamarina,
     Qual ben fuggia da lui più che di passo;
     E ’l conte fra la gente saracina
     Segue lui solo e mena gran fraccasso,
     Chè porlo in terra al tutto se destina;
     Ma avanti se gli oppose Dudrinasso,
     A benchè dir non sappia in veritate
     Se sua sciagura fosse o voluntate.

24 Costui ch’io dico, è re de Libicana.
     Un volto non fu mai cotanto fiero,
     Larga la bocca avea più de una spana;
     Grosso e membruto e come un corbo nero.
     Orlando lo assalì con Durindana
     Ed ispiccolli il capo tutto intiero;
     Via volò l’elmo, e dentro avia la testa:
     Già per quel colpo il conte non s’arresta,

25 Perchè adocchiato avea Tanfirïone,
     Re de Almasilla, orrenda creatura,
     Che esce otto palmi e più sopra a l’arcione,
     Ed ha la barba insino alla cintura.
     A questo gionse il figlio de Melone,
     E ben gli fece peggio che paura,
     Perchè ambedue le guanze a mezo ’l naso
     Partì a traverso il viso a quel malvaso.

26 Nè a sì gran colpi in questo assalto fiero
     Giamai se allenta il valoroso conte.
     Più non se trova re nè cavalliero
     Qual pur ardisca di guardarlo in fronte,
     Quando vi gionse il giovane Rugiero,
     E vidde fatto di sua gente un monte:
     Un monte rasembrava più nè meno,
     Tutto di sangue e corpi morti pieno.