Pagina:Boiardo - Orlando innamorato III.djvu/137

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[St. 51-54] libro iii. canto viii 127

51 Ma fusse o per quel populo devoto
     Che in Parigi pregava con lamento,
     O per altro destino al mondo ignoto,
     Ne l’aria se levò tempesta e vento,
     E sopra al campo sorse un terremoto,
     Dal qual tremava tutto il tenimento;
     Terribil pioggia e nebbia orrenda e scura
     Ripieno aveano il mondo di paura.

52 E già chinava il giorno ver la sera,
     Che più facea la cosa paventosa;
     Di qua, di là se ritrasse ogni schiera,
     E mancò la battaglia tenebrosa.
     Ma Turpin lascia qua la istoria vera,
     Che in questi versi ho tratto di sua prosa,
     E torna a ragionar di Bradamante,
     De la qual vi lasciai poco davante,

53 Quando ella occise al campo Daniforte,
     Quello avisato e falso saracino
     Che a tradimento la feritte a morte:
     Ma lui perse la vita, essa il camino,
     Chè era la notte ombrosa e scura forte.
     Lei sempre via passò sera e matino
     Per quel deserto inospite e selvaggio,
     Ove atrovò nel mezo un romitaggio.

54 E gran bisogno avendo di riposo,
     Per molto sangue che perduto avia,
     E per il camin lungo e faticoso,
     Smontava a terra e alla porta battia;
     E quel romito, che stava nascoso,
     Signosse il viso e disse: - Ave Maria!
     Chi condotto ha costui? O che miracolo
     Fa che omo arivi al povero abitacolo? -

5. P. sopra il — 14. Mr. in questi versi ho tracio ; P. in q. v. ho tratta. 15. T. torno. — 32. P. uom arrivi al mio povro.