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sola poteva supplire alla deficienza degli ordini mancati. Il Papa che era fuggito, che non avea la sciato alcun governo, che sapeva che la Commissione da lui nominata non si era mai installata, il Papa rispondeva a quella nuova misura di un popolo che tutte le vie cercava per sottrarsi agli orrori dell’anarchia, scomunicando la Costituente, vietando a quanti gli erano ligi di prendervi parte. Ma che esigeva egli dunque? o piuttosto che esigevano i consiglieri che lo attorniavano? Voleva egli la rovina del paese? Vagheggiava egli l’anarchia? Gli sorrideva il pensiero d’una guerra civile? Bramava ritornare fra i gemiti dei cadenti, fra le ruine della Città che con tanto amore lo avea prima acclamato?
La Costituente s’inaugurò; 200,000 elettori portarono le schede in quelle urne contro cui si erano spuntate le folgori del Vaticano. Emanazione del popolo, del suffragio universale, la Costituente pesò le condizioni d’Italia, sviscerò l’essenza del Papato, quel duplice carattere che riveste incompatibile trovò colla civiltà di un popolo, coll’avvenire della Nazione, e dichiarò decaduto il Papato. La Repubblica emerse da quelle ruine, pura, incruenta, degna d’un popolo che con tanto ordine, che con tanta dignità si era comportato. La Repubblica fu bandita come lo stato che più si conveniva alle virtù, di cui queste moltitudini si erano mostrate dotate. I calunniatori di questa Repubblica dicano quali enormezze ella abbia commesse, dicano in qual modo turbata abbia l’armonia degli stati Italiani e le loro speranze. No: questa Repubblica onora l’Italia, è degna dell’eterna città; la Roma dei Cesari e dei