Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/170

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pazzía. Chi è che ? dice? Qualche poeta forse, qualche teo- logo? Signori si, mille luoghi potrei apportarne. Ma dirل quel- G innamorato e’ha pur voglia d’esser creduto savio: ? poeti, per dilettare, hanno vaghezza di mentire: i teologi, per correggere, Studiansi d’essagerare. Non crediam dunque a’ poeti, e per ora lasciam da parte anche i teologi. Ma voltiamci a coloro che non hanno né possono avere altro studio, altra vaghezza che della verità. Diconlo i medici, i quali per salute del corpo umano, ch’è il fin dell’arte loro, non possono andar dietro ai diletti, alle essagerazioni, e son tutti intenti alla vera so- stanza delle cose naturali. Avicenna, e con lui tutti i medici arabi, chiamano amore Alhasch, che vuoi dir furore, e tra le specie della pazzia il ripongono, e cosi come dei pazzi appunto la cura degl’innamorati instituiscono. Non so se Cri- sippo o Posidonio (il vedrete in Galeno, nei decreti d’Ippocrate e di Piatone, non mi sovviene il luogo) l’amorosa pazzia sag- giamente descrive, e dice che l’innamorato è talmente nemico della ragione, che niuna cosa vuoi egli né ricevere né pur ascoltare, che abbia di ragione alcuna sembianza, che ragione e consiglio amor non degna, disse il Bembo. E siegue il filosofo che se pur la ragione talvolta alcuna cosa tenta di persuadergli, come riprenditrice importuna e delle faccende d’amor affatto ignorante egli la schernisce >«£Ja fugge: ove poi loda quei versi antichi: Venus nee ullis mَnita verbis subsidet, sed si urgeas, magis magisque intenditur, amorque castigatus infestât magis. E quel ch’è peggio, questo buon filosofo aggiugne che l’amante non solo è egli senza ragione, ma senza ragione brama e procura che sia anche la persona ch’egli ama. Grande obbligo dunque (e forse che non se ne vantano) dee l’amata all’amante, il quale altro non desidera che, disumanandola,