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Meno filosofico ma pieno di leggiadria è il contrasto fra la rosa e la viola. La rosa superba, usurpando la priorità nel prender la parola che spetterebbe alla violetta, prima a fiorire, decanta la sua beltà, il suo profumo, la sua maggior grandezza per contro la viola:
no sont per quel men bona anc sia eo piceneta
ben po sta grand tesoro in picenina archeta...
«No sai que tu te dighi», zò disc la rosorina,
«no è fior k’ habia honor sor la rosa marina,
in i orti et in li verzerij eo nasco so dra spina,
olta da terra, e guardo inverse la corte divina,
Ma tu si nasci in le rive, tu nasci entr’i fossai»
E l’altra:
... eo sont tutta amorevre,
eo sont comuna a tugi, e larga e caritevre.
S’alcun villan no m guarda et cl me met set pei,
s’el fa zo k’el no dè lo dexnor non è meo...
Eo sto aprovo la terra, humel, no dexdeniosa,
ma tu ste olta in le rame, e bolda et orgojosa...
E così via a botta e risposta fino a che interviene il casto giglio a giudicar la contesa proclamando, non occorre dirlo, vittoriosa la viola. Bonvesino, d’accordo col giglio, ricava dal dibattito la sua morale: