Pagina:Boselli - Discorsi di guerra, 1917.djvu/261

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Ho inteso le critiche rivolte ora cortesemente, ora con minor cortesia.

Nessuno è giudice delle proprie forze; e se un’intima ardente passione ci infiamma (e quale più ardente passione della passione per la Patria?) ciascuno può illudersi sul proprio valore. (Vive approvazioni).

Voi chiamaste me, che vivevo ormai appartato su quel mio antico banco; e io venni a questo posto non sentendo altra ambizione che quella di dare tutto quanto poteva essere ancora in me, nella vecchiezza mia, in servizio del mio paese (Applausi vivissimi, generali e prolungali).

E se trema la mano, io sento e posso affermare che il mio cuore non trema, e che esso è sempre fermo e saldo. (Vivissimi applausi).

Io non ho solo la speranza, ma la certezza della vittoria: a questa certezza diede la fede il Paese e con la fede sua mi ringagliardì.

Non dimenticai la realtà dei fatti e delle cose; ma non mi pento e non mi pentirò mai, o signori, di avere accompagnato al senso della realtà le ispirazioni della idealità, perchè so che l’ideale è il maggiore motore delle azioni umane, perchè se si togliesse dalla storia quel fattore supremo del progresso, che sono le idealità, si strapperebbe da essa ciò che vi è di più alto e di più fecondo per la libertà, per la gloria, per la felicità dei popoli. (Vivissime approvazioni).

Ma, onorevoli deputati, non ad un uomo, non ad un Ministero guarda il popolo italiano. A voi esso guarda, a voi guardano gli intrepidi combattenti nostri, che in questo istante una fiera lotta combattono, respingendo