Pagina:Brambilla - Sopra le Odi di Orazio tradotte da Mauro Colonnetti.djvu/12

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instigatore, ma autore di novità ne’ governi civili. Che altrui sforzi al delitto è un’espressione che commenta l’instantis, ma non ne imita la terribile dipintura. Questo epiteto solo ferma la nostra immaginazione su la faccia di quel tiranno; e non sapendo che voglia, nè che minacci, pensiamo; e il dar da pensare è un effetto della poesia maraviglioso e potente. Scuoter uno dal suo consiglio è maniera da lasciare a chi scrisse la Madonna d’Imbevera, o altrettal ciarlivendolo. Sonante è un epiteto ozioso, che diminuisce la terribilità del fulmine, e la grande idea che siamo soliti concepirne. Con impavido ciglio non esprime la interna sicurezza che francheggia gli uomini giusti e costanti sotto l’usbergo della netta coscienza. Uno può fingere intrepidezza nel volto, e tremare dentro di sė; essere, come dice Omero, cane agli sguardi e al cuor cervo. Oltrechè viemmi qui a proposito un’osservazione del Foscolo; che è questa. «La personificazione di una parte del corpo servirà egregiamente a simboleggiar la persona, ove di questa non si parli; ma ove il campo principale e l’azione siano sostenute dalla persona vera, la personificazione contemporanea di una parte subalterna del corpo, è una puerilità rettorica». Così egli censurava il Minzoni dell’aver dato il pentimento alla mano di Adamo (Al crin canuto... Con la pentita man fe’ danni ed onte); e così io censuro il Gargallo di un simil difetto. Se dell’eteree spere ecc. D’un consumato di polli qui si fa un brodo lungo e disgustoso fino alla nausea: due parole latine (fractus illabatur) dilagate in un verso e mezzo!!

G. C.

Fu già questo il sentiere,
Onde l’errante eroe da l’eteo rogo
Giunse, e Polluce a la stellata rocca,
Tra cui sedendo Augusto, ammesso a bere
Il nettar fia con la purpurea bocca.
Per tal sentier dome da ignoto giogo,
Padre Lieo, le tigri a’ seggi eterni,
Ov’hai ben degno luogo,
Te trasportaro: co’ destrier paterni
Per tal sentier la bruna
Schivo Quirino acheruntea lacuna.

Perché tal fu Polluce e il vago Alcide,
Sforzár l’Olimpo che suoi Dei gli scorge;
Là dove Augusto in mezzo a lor s’asside,
E le purpuree labbra al néttar porge:
Tal fosti, o Bacco padre, e te al sereno
Ciel le tigri levár, docili al freno;
Quirino con tal arte
L’Orco fuggi su i corridor di Marte.

La versione del Colonnetti, comechè il quinto verso non mi vada tutto a sapore, è felicissimna; il Gargallo tirò giù la sua malamente. Orazio col solo vagus descrive le imprese di Ercole direi quasi meglio che Virgilio non fa con dodici versi. Questo epiteto è sì qualificante e proprio di quell’eroe, che l’adornarvi altre parole avrebbe traviato il poeta dal principale argomento. Il Gargallo, non pur aggiuuse, ma toccò una circostanza, che voleva essere taciula. In quest’Ode si cantano le lodi della rettitudine e della costanza; per le quali molti uomini furono messi in cielo dalle nazioni per loro beneficate. Tra questi si annovera il faticoso figlio di Alcmena; e per ciò era necessario passarsi di tutte le allusioni che potessero scemare od oscurar le glorie, e quindi il merito dell’apoteosi, di lui. Ma il traduttore, stiracchiandovi dentro il rogo eteo, risuscita nella nostra memoria gli adulterj e le lascivie, che menarono Alcide al doloroso passo di gittarsi nelle fiamme: e così riducendo a meno la riverenza debita alle virtù di