Pagina:Bruno - Cena de le ceneri.djvu/45

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dialogo primo 31


Teo. Bene, maestro Prudenzio, se questa volgare e vostra opinione per tanto è vera, in quanto ch’è antica, certo era falsa, quando la fu nuova. Prima che fusse questa filosofia conforme al vostro cervello, fu quella delli Caldei, Egizii, Maghi, Orfici, Pitagorici ed altri di prima memoria, conforme al nostro capo, da’ quali prima si ribellorno questi insensati e vani logici e matematici, nemici non tanto dell’antiquità, quanto alieni dalla verità. Poniamo dunque da canto la ragione dell’antico e nuovo, atteso che non è cosa vecchia, che non sii stata nuova: come ben notò il vostro Aristotele.

Fru. S’io non parlo, scoppiarò, creparò certo. Avete detto: il vostro Aristotele, parlando a mastro Prudenzio. Sapete, come intendo, che Aristotele sii suo, i. e. lui sii Peripatetico? — di grazia, facciamo questo poco di digressione per modo di parentesi! — Come di dui ciechi mendichi a la porta de l’arcivescovato di Napoli l’uno si diceva Guelfo, e l’altro Ghibellino, e con questo si cominciorno sì crudamente a toccar l’un l'altro con que’ bastoni, ch’aveano, che, se non fussero stati divisi, non so come sarebbe passato il negozio. In questo se li accosta un uom da bene, e li disse: Venite qua, tu, e tu, orbo mascalzone! che cosa è Guelfo? che cosa è Ghibellino? che vuol dir esser Guelfo, ed esser Ghibellino? In verità l’uno non seppe punto che rispondere, nè che dire. L’altro si risolse dicendo: il signor Pietro Costanzo, ch’è mio padrone, ed al quale io voglio molto bene, è un Ghibellino. Così a punto molti sono Peripatetici, che si adirano, si scaldano e s’imbragiano per Aristotele, voglion difendere la dottrina d’Aristotele, son inimici di que’, che non sono amici d’Aristotele, voglion vivere e morire per Aristotele, i