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Ermanno a Laura.

12 Agosto

«Sono le quattro del mattino. — Il cielo è serenissimo, azzurro e limpido come immenso oceano, e dalla finestra ove ti scrivo abbraccio collo sguardo il grandioso panorama di uno dei più ridevoli paesaggi. — Dall’alto di questo colle sulla cui vetta sorge la villa che mi ospita, vedo sotto di me un lago tranquillo che giace fra i colli verdeggianti, terso e trasparente come puro cristallo, increspato appena dalla brezza mattutina. — Spingendo più oltre lo sguardo, veggo spiegarsi una bella corona di graziose colline fresche e ridenti, popolate di case e paeselli che spiccano come rose sopra un tappeto verde e cupo. Più in là chiudono l’orizzonte le cime delle Alpi illuminate con tinte d’oro dal nascente sole, e fra quei dirupi io discerno ancora qualche striscia di neve che perdura ostinata malgrado i calori della stagione. Al di là del lago sorpassando i colli ed i monti ritrovo gli estremi lembi del cielo sfumati a mille colori che si perdono nella nebbia dell’infinito.

«Rivolgendo lo sguardo ad occidente, vedo un caos interminato di pianure e colli che si alternano bizzarramente, confondendosi in lontananza coll’orizzonte; il sole che s’innalza lentamente, spande i suoi raggi luminosi su quella striscia di terra, che irrorata dalle rugiade della notte, si presenta come un’immenso piano lucente di mille colori a guisa di un vasto campo di perle.

«Le gemme della natura, sono ben più modeste e più belle di quelle che sortono lavorate dalle officine;