Pagina:Cagna - Un bel sogno, Barbini, Milano, 1871.djvu/38

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Ermanno si fece coraggio, e mormorò:

— Un addio all’amico....

Lontano, aggiunse Laura, con estrema finezza.

— Dunque, Un addio all’amico lontano, ribattè Alfredo. Bene, ma non troppo, quell’amico....

— Eh! via, osservò Letizia, non capisci che l’amico è un amante!

— È un’amante?... Allora non parlo più.

Il volto di Laura era talmente acceso che fu vera fortuna per lei se le tenebre della sera le fecero velo.

Dopo poco tempo, si fece ritorno nella sala di musica.

Laura volle provarsi a cantare, ma invano, la voce rispondeva al sentimento che la agitava; nella sua piccola fantasia la povera giovinetta credette di aver commesso alcunchè di straordinario. — Alfredo tentò egli pure una cavatina, ma la troncò a metà, allegando un’impedimento di voce causato forse dall’aria della sera.

Ermanno pure era alquanto pensoso; pareva assorto in qualche grave riflessione, e sfiorava sbadatamente la tastiera del pianoforte, senza punto curarsi di ciò che ne usciva. Ad un tratto una vocina delicata che lo fece fremere, interruppe le sue meditazioni.

Era Laura che durante quel martellare sul piano, erasi rimasta dietro a lui, non azzardando di sturbarlo; era dessa che scuotendolo dal suo letargo lo invitava a suonare — Ermanno alzò gli sguardi al soffitto come fanno i pianisti per richiamarsi alla mente qualche pezzo, indi nel riabbassarli, incontrò quelli di Laura che gli si era posta accanto; era un sorriso seducente, che egli contemplò a lungo senza che perciò la giovinetta s’imbarazzasse.

Ermanno suonò, ed alle prime note d’introduzione venne interrotto da Alfredo che gridava: