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i conti di ventimiglia 51

CAPO II


Noi rivolgeremo ora i nostri sguardi a quella piccola terra di Seborga assai più tardi decorata dai monaci del titolo di principato e divenuto il dominio più cospicuo dell’Abbazia di Lerino in queste contrade.

La guerra accanita contro i Conti di Ventimiglia mossa dai Genovesi or sordamente e per intringhi ed or coll’armi a viso aperto, come da noi si è già brevemente esposto, avea finito col ghermire a quella famiglia l’avito potere sulla città e diminuirlo d’assai nel contado: ma al tempo stesso avea pure impedito il progredire prosperoso del Monastero di S. Michele. Ma come l’incuria dei monaci li avea danneggiati a Ventimiglia, così altre cause e di difficile riparo arrecavano danni assai maggiori ai loro poderi a Seborga. Erano usurpazioni dei possessori confinanti che occupavano terreni, che svellevano i boschi, che saccheggiavano i campi e ne derubavano i frutti, mentre l’autorità monastica, perchè lontana e perchè monastica, già fin d’allora provava difficoltà ad ottenere giustizia.

Era però ovvio il ravvisare in quei fatti l’opera dei Genovesi che ogni altro potere in quello contrade vedeano di mal occhio e mettevano ogni arte e usavano mezzi anche meschini pur di riuscire a scemarlo alquanto. Già varie volte aveano cercato di sottoporre i terrazzani di Seborga a tributo di denaro e di persona, come le altre terre vicine di loro dipendenza già pagavano. Il monastero resisteva e poi troviamo nel 1272 una dichiara dal medesimo promossa1,

  1. Doc. 30.