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liticamente e moralmente e volle stringer con lui legami di franca amicizia.

Il Colletta succedeva al Pepe nel comando di Sicilia, e rompendo ogni condizione per l’innante statuita, ristabiliva il giogo dell’assolutismo. Così ebbero fine i moti del 1820.

Le sorti che subì Napoli son da lutti conosciute. Laybach, donde il vecchio Ferdinando scriveva alle camere la bravura de’ propri cani nelle cacce di quel soggiorno, senza nulla dire delle vicende politiche, è nome troppo celebre nelle istorie d’Italia: e molto più l’invasione tedesca; il giglio e l’aquila grifagna scancellarono i colori nazionali.

Allora il Settimo si ritraeva a vita interamente ritirata e pacifica, al quale uopo gli bastava il discreto suo patrimonio, che possedeva per eredità di censo. Sua precipua cura fu l’occuparsi minuziosamente e con somma coscienza dell’incarico che per testamento gli affidò l’egregio suo amico e sviscerato patriota principe di Castelnuovo, suo compagno nel ministero del 1812; il quale morendo istituì con parte del suo patrimonio il famoso istituto agrario de’ Colli, tanto utile all’istituzione agricola di quelle contrade, e pregava in oltre Settimo ad esservi suo rappresentante, sostituendolo in lutto, per l’acuratezza e la bontà di cui lo sapea dotato.

Così visse ventotto anni lungi dai rimorsi del mondo politico, ma sperando sempre in un avvenire più fortunato, tendendo le orecchie al minimo grido di libertà e spesso dolorosamente ritornando alla disillusione. Lo teneva in sospetto il governo, ma doveva rispettarlo, come avviene sovente per questi uomini venerandi che in sè compendiano le memorie e le speranze d’un popolo; da quest’ultimo poi era sempre grandemente apprezzato, diremmo quasi adorato. Ventotto lunghissimi anni trascorsero di quella vita privala ed oscura. Spesso balenavano raggi di speranza; sempre succedeva il disinganno; ma finalmente spuntò Il memorando mille ottocento quarantotto.

La parte principale della vita di Ruggero Settimo è quella che si svolse durante i due anni di rivolu-