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Pagina:Calani - Il Parlamento del Regno d'Italia, vol 2.pdf/178

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appagava di sterminare la francese, ma, ove il potesse, sacrava pure a morte i membri di quelle delle altre nazioni.

Stabilitosi con tutta la famiglia in Firenze, il marchese Cesare d’Azeglio inviò i figli Roberto, Prospero e Massimo nel collegio Tolomei di Siena, ove stettero sino al 1807 e dove ricevettero un’ottima educazione.

Ben presto però tutta la famiglia fu costretta di rientrare in Piemonte e il giovine Roberto dovette recarsi a Parigi, ove fu nominato ad un posto di auditore presso il Consiglio di Stato.

Aggregato dapprima alla sezione di finanze, di cui il conte di Fermont era capo, venne rapidamente promosso dalla 3.a alla 2.a classe, quindi, passato a far parte dell’amministrazione centrale dei ponti e strade, ebbe missione di recarsi nell’agro romano onde ispezionare i lavori intrapresi dal governo per l’essiccamento delle paludi pontine; per ultimo, fu addetto al ministro di polizia, e inviato in qualità di commissario nella città prussiana di Lauenburg che l’impero francese erasi aggiudicata.

Colà giunto al momento dei rovesci delle armi Napoleoniche, egli corse fieri pericoli per parte delle popolazioni mal sofferenti del dominio francese, e dopo varie vicende potè ridursi in patria per dedicare i proprî servigî alla dinastia di casa di Savoja. Entrato nell’esercito piemontese in qualità di capitano, fece tutta la campagna contro la Francia, assistendo alla presa di Grenoble e all’occupazione di tutto il Delfinato e di parte della Provenza.

Cessata la guerra, il marchese Roberto potè finalmente secondare le proprie inclinazioni e darsi a tutt’uomo a coltivare gli studî delle lettere e delle arti belle, per le quali si sentiva particolarmente disposto. Lo studio della pittura l’occupò precipuamente ed ei ben presto vi fece tali progressi da dovere essere stimato dai conoscitori meglio che un semplice dilettante. Ma tali amene discipline non distoglievano l’animo dell’Azeglio da più maschie aspirazioni. Egli fin dalla caduta dell’impero Napoleonico vezzeggiava l’idea della liberazione d’Italia da ogni dominazione straniera, e