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gli furono sopra e lo scannarono, presente la moglie e i figliuoli, i cadaveri restavano nelle pubbliche vie, spettacolo orribile, lo il vidi, e vidi dar morte e la scellerata caccia.

«Il cardinale Amat, che aveva annunciato il suo arrivo, giunse il dì appresso e gli fecero scorta al palazzo i popolani armati, nel tempo medesimo in cui gli scherani continuavano ad ammazzare. Non vi eran più giudici, non più uffiziali di polizia, chi non era morto, era fuggito o nascosto; la guardia civica inerme, rimpiattati i cittadini, i pochi soldati di linea, o confusi coi sollevati, o nulli per animo; i carabinieri ed i dragoni incerti, le legioni di volontari, i corpi franchi, ai tumulti, non al governo.»

Non viene meno l’animo al Farini, e mediante la sua iniziativa, i carabinieri e i dragoni tornano a prestare il loro braccio all’Autorità, la guardia civica riprende cuore, si ritolgono le armi ai malandrini e i corpi franchi vengono spediti a Venezia; Bologna respira.

Ma poco dopo il Gabinetto presieduto dall’infelice Rossi prendeva nelle sue mani il potere e incominciava molte savie riforme e imprendeva di moderare l’andamento della cosa pubblica che prendeva già un indirizzo dei più pericolosi. Se non che l’assassinio di quel coraggioso uomo di Stato dette agli anarchici e ai Mazziniani causa vinta, ed al Farini, come a molti altri onesti, convenne esulare.

Si ritrasse in Toscana; ma non appena i Francesi ebbero occupata la città eterna, che chiesero di lui e vollero restituirgli le funzioni che esercitava sotto il passato governo.

Accettò il Farini, nella speranza di potersi di tal modo rendere utile ai proprio paese, e volle di fatti adoperarsi a mostrare ai generali francesi quali e quanti fossero gli abusi del governo dei preti; se non che questi, avvertiti, il destituirono, ed il Farini, temendo peggio, e non a torto, emigrò in Piemonte.

Qui incomincia un nuovo periodo d’esistenza per esso, in cui le sue principali occupazioni furono quelle di pubblicista.