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quella porzione del baluardo che si diceva dell’Albero (mât).

In quella suprema occasione emanò il Cialdini un nuovo ordine del giorno concepito ne’ seguenti termini:

«Compagni d’arme!

«Fuvvi un giorno di giuramento; voi lo rammentate; fu giorno di parola; oggi è giorno di fatti.

«Compagni di brigata,

«Voi siete chiamati a combattere a fianco di due potenti e valorose armate; importa assolutamente che la bandiera italiana sventoli sulle mura di Sebastopoli, conviene assolutamente battersi e morire tutti anzichè vedere disonorata la nostra bandiera, e provare al mondo che gl’italiani sanno battersi al pari di qualsiasi altra nazione.

«Viva il Re! viva il Piemonte! viva l’Italia!»

I soldati tutti ripeterono l’evviva al Re, e vi aggiunsero quello di viva il generale.

Ma anche questa volta la 3° brigata dovette rimanere inoperosa coll’armi al piede, giacchè l’attacco del bastione centrale non ebbe luogo, non essendo gl’inglesi riusciti ad espugnare il gran Redan, espugnazione che doveva precedere l’assalto della 4.° divisione francese, mentre, come lo si ricorda, il Redan dominava la prima delle due fortificazioni. Pure il sangue freddo de’ soldati della 3.° brigata potè essere ammirato, restando essa esposta allo spaventoso fuoco nemico senza dare il benchè menomo cenno di sbigottimento.

Finita colla presa di Sebastopoli la guerra di Crimea, il Cialdini tornò in patria e s’ebbe, ad attestato di singolare stima e benevolenza per parte del Sovrano, il posto di suo ajutante di campo. Indi altri incarichi di fiducia gli vennero dati, fra quali l’ispettorato dei bersaglieri, reso vacante per la deplorabile morte di Alessandro Lamarmora, quello della scuola d’Ivrea e la direzione del campo di S. Maurizio.

Scoppiata la guerra del 1859, al Cialdini fu affidato l’arduo cómpito dell’organamento in due corpi distinti dei numerosissimi volontarî che tuttodì accorrevano da ogni parte d’Italia. L’uno fu i Cacciatori dell’Alpi,