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suo libro intorno alla ricchezza pugliese, libro la cui pubblicazione sotto la tirannide borbonica fu per parte del nostro protagonista un vero atto di coraggio.

Dopo i moti del 6 febbrajo, avvenuti in Milano, moti che agitarono la terra Barese e sopratutto la città di Spinazzola, il De Cesare venne imprigionato e condotto di nottetempo nel castello di Barletta.

Subito di tal guisa un nuovo processo, ne uscì di nuovo assolto, ma di nuovo per arbitraria misura politica condannato, insieme a suo fratello Michel Angelo, ora giudice di Gran Corte Criminale, alla residenza forzosa per quattro mesi.

Nel 1856, dopo le vivissime istanze spòrte dalla di lui madre, potè lasciare quell’ingrata dimora, resagli anche più grave dall’odio giuratogli contro dal famoso intendente Sandaro.

Recatosi allora in Napoli, gli fu dato dedicarsi di nuovo a tutt’uomo agli studi economici e legislativi, pubblicando di mano in mano le seguenti opere:

Trattato delle prove in materia civile. — Trattato delle enfiteusi. — Il mondo civile ed industriale. — L’industria Asiatica. — Del presente insegnamento economico in Europa. — Della protezione e del libero cambio.

Invitato a far parte del congresso internazionale di Bruxelles che doveva prendere importanti decisioni sulla proprietà letteraria, non potendo recarvisi, essendogli dal governo stato rifiutato il passaporto, scrisse una sua operetta in risposta appunto ai quesiti proposti dal congresso stesso, opera accolta con immenso plauso da quell’assemblea di dotti europei, che addotto in gran parte le conclusioni del De Cesare, convertite poscia in legge dal Belgio.

Al momento della rivoluzione napoletana del 1860, il nostro protagonista fu direttore delle finanze sotto il ministero Scialoja, fino all’installazione della luogotenenza Farini, nè le gravi occupazioni di quell’impiego impedirongli di far veder la luce a due nuove sue produzioni letterario-politiche ch’ebbero in brevissimo spazio di tempo due edizioni: Pier delle Vigne e Del potere temporale del Papa.