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È uno dei condannati del 1821. Nato in Brescia l’11 novembre del 1794, concorse coll’Arrivabene a con altri amici a fondare in Lombardia quelle scuola di mutuo insegnamento che contribuirono molto a far sentire al popolo l’onta e il danno della dominazione straniera.

Il fratello Camillo, di chiara e onorata memoria, Giovita Scalvini e il filosofo Giovanni Battista Passerini furono i precettori dell’Ugoni, che come ognun vede fu addottrinato a buona scuola. Santa Rosa e Confalonieri, e l’amore spontaneo e fervente nutrito dal giovinetto Ugoni per la patria asservita, l’indussero a prender parte alla cospirazione del 1821, in seguito della quale ebbe l’onore di esser condannato dal governo austriaco insieme a dieci altri lombardi alle forche.

Espatriato in quella circostanza, l’Ugoni rimase in esilio per ben venti anni, rientrando nel paese nativo un degli ultimi dopo l’amnistia proclamata dall’imperatore Ferdinando.

Nel 1848 il nostro protagonista si adoperò efficacemente onde la Lombardia si unisse al Piemonte, dopo la rotta di Custoza si oppose alla resa di Brescia fintantochè Milano restò indipendente, e nel 1849, invece, egli consigliava alla sua città natale la sommissione, una volta ch’ebbe certezza del disastro di Novara.

Durante i dieci anni di rinnovata schiavitù l’Ugoni, da quell’uomo veramente forte e devoto alla patria ch’egli è, non disperò mai un solo istante delle sorti d’Italia e quando il delegato austriaco Baroffio ebbe l’impudenza di recarsi in persona presso di lui, onde invitarlo al pranzo così detto di riconciliazione dato dall’imperatore Francesco Giuseppe, l’Ugoni per unica risposta gli mostrò il ritratto del conte di Cavour appeso nel luogo il più appariscente del proprio studio.