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pretese dei novatori, e sopratutto nel guardarsi dal cagionare torbidi nelle famiglie, tentando di non far pesare il rigor della legge che sul più picciolo numero d’individui che fosse possibile.

I liberali ardenti trovarono che poco o niente erasi fatto di ciò che incumbeva si facesse; i reazionarî all’incontro sostennero che s’era fatto troppo. L’istoria imparziale dirà che il Galvagno fece il proprio dovere, senza tuttavia trascurare tutte quelle cautele che la sua difficile posizione esigeva.

«Nei primi mesi del 1852, che furono segnalati dall’opera della riforma della magistratura, si compiè pure l’alleanza del conte di Cavour col centro sinistro. Il Galvagno disapprovò tale unione, giacchè, a suo avviso, era il segnale d’una politica di soverchio arrischiata e dalla quale prevedeva emanassero funeste conseguenze.

II Galvagno non comprese allora affattissimo quale portata si avesse la misura notevole politica adottata dal suo collega del ministero delle finanze. Egli non seppe scorgervi altra cosa fuorchè il prossimo arrivo al potere d’un nuovo partito politico che aveva fino a quel giorno combattuto il ministero; o non si accorse che in ogni caso era stato un colpo di grande abilità quello operato dal conte di Cavour, mentre guadagnava tal partilo al Governo, e neutralizzava un ostacolo che si opponeva dapprima al regolare andamento della cosa pubblica.

«Il particolare indirizzo dell’amministrazione del Galvagno manifesta in esso una squisita intelligenza politica. Il conte di Cavour, il quale non è certamente mai stato troppo ben disposto in favore del suo antico collega, fu diverse volte obbligato di dire che questi, quantunque avvocato, quando si trattava di pubblici affari era assai meno avvocato di molti altri.

«Un’altra qualità del Galvagno si è ch’egli non ha mai considerato il Governo che come l’organo della nazione e non mai come quello d’un partito. E diceva infatti con ragione nella seduta del 10 giugno del 1851 alla camera dei deputati: «Il Governo non ha che un partito, e questo partito è quello di tutto l’intero paese.»