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«Oratore parlamentare distinto, il Galvagno non fece quasi mai intendere la propria voce che nelle complicate controversie e nelle discussioni legali. Nemico dei discorsi lunghi, non ebbe mai occasione, oppur la trascurò, di darsi l’aria d’oratore, come dicesi, di primo getto. Se gli è accaduto talvolta di non aver preso a considerare la questione sotto il suo vero aspetto, o scrutato ben al fondo il cuore dell’oratore o sofista parlamentario ch’egli voleva combattere, ha tuttavia spiegato ognora chiarezza, precisione, ordine e facilità. Quando gli accadeva di parlare, citava i codici e le leggi, che conosce a fondo, ed in qualsiasi questione ei prendesse parte, non abbandonava il soggetto prima di averlo discusso, spiegato, risoluto e deciso.

«La uscita del Galvagno dal potere ha resa quasi muta quella voce ch’era sempre ascoltata con attenzione, e che sì perfettamente sapeva l’arte di ragionare con eloquenza. Se da un lato questo silenzio tornò assai gradito al ministero, giacchè quella possente voce ed inesorabile dialettica avrebberlo talvolta potuto mettere nell’imbarazzo, dall’altro canto fu causa di dispiacere alla Camera ed al paese.»

Decorato nel 1844 della croce di cavaliere Mauriziano, il Galvagno è stato recentemente promosso a commendatore nel medesimo ordine ed elevato alla dignità di senatore del regno.




Nato nel marzo del 1821 a Firenze dal marchese Girolamo e da Teresa marchesa Nicolini, ebbe precettore in casa, dal quale apprese i primi rudimenti, quindi seguì il corso di scienze a quelle scuole degli Scolopi, che in quei tempi erano rette da un Inghirami per le matematiche e l’astronomia, da un padre Tanzini per la filosofia, e da un padre Giorgi per la fisica.

Educato liberamente e italianamente, come lo era e lo è del resto, a confession del vero, quasi che tutta la prole dell’aristocrazia fiorentina — dovremmo dire