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ed avvedutezza; ciò che gli manca per esser buon generale egli sa in parte compensarlo colla sua stupenda attività.
«La legione di Garibaldi, forte di circa 1000 uomini, era composta del più disordinato accozzamento di gente diversa. Giovinetti di 12 e 14 anni, chiamati dal più nobile entusiasmo e dalla naturale inquietezza, vecchi soldati riuniti dal nome e dalla fama del celebre condottiere di Montevideo, e in mezzo a questi molti di coloro che cercano nella confusione della guerra impunità e licenza, ecco di che era formato quel corpo veramente originale.
«Gli ufficiali erano scelti fra i più coraggiosi, e levati di piè pari ai gradi superiori, senza badare ad anzianità e regola di forme: oggi se ne vedeva uno colla sciabola al fianco, era capitano; domani per amor di varietà, ripigliando il moschetto, entrava nelle file, ed eccolo tornato soldato.»
Rifare l’istoria dell’assedio di Roma, di quella lotta energica e disperata, combattuta da un pugno di prodi male armati e peggio ordinati, secondati, tuttavia dal coraggio e dall’abnegazione del fiero popolo dell’eterna città, contro i primi soldati del mondo, sarebbe per noi assunto de’ più interessanti e graditi. Ma la natura del nostro libro non permettendoci di trattare tale argomento in quel degno modo che vorremmo, tanto più che la presente biografia ha già proporzioni assolutamente straordinarie, siamo costretti a ricordare in modo sommario le principali imprese del nostro protagonista durante quell’importante periodo della sua vita.
Il 30 aprile i Francesi si avanzavano verso le porte di Roma. Non si sapeva bene quali fossero le loro intenzioni, o per meglio dire, essi stessi ignoravano se avrebbero o no attaccato, se avrebbero o no trovata resistenza. Ma il dubbio non durò molto tempo; il generale Oudinot ordinò di penetrare ad ogni costo nella città per le porte Angelica e Cavalleggeri. Garibaldi che coi suoi guardava quelle porte si oppose all’avanzarsi delle schiere di Francia, e il combattimento, che dapprima s’impegnava mollemente e quasi