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Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/20

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Agitar faci da ciascuna mano,
     Movere in corte vergate gonnelle,
     E fiere vo’ non saettare invano;
Voglio dall’Ocean sessanta ancelle,
     Che deggiano guidar danze con meco,
     Giovani tutte e fior di verginelle,
Venti ne voglio dall’Amnisio speco,
     Che miei veltri e coturni abbiano a cura
     Se guerra a lince e a capriol non reco;
Dammi signoreggiar ciascuna altura,
     D’una città mi appago esser regina,
     Che rado mi vedran civili mura.
Abitatrice di contrada alpina
     M’inurberò nell’ora che dogliose
     Le genitrici grideran Lucina:
Al destin di alleggiar le gravi spose
     Io nacqui poi che senza duol la madre
     In sen portommi e senza duol mi spose.
Così dicendo, con le man leggiadre
     Di voler carezzar mostrava segni,
     E alfin la barba carezzò del padre,
Ed egli soggiugnea: se di tai pegni
     Me genitor le Dee sempre faranno
     Gelosa a grado suo Giuno si sdegni;
Tutte le brame tue piene saranno,
     Trenta arroge città che onore e lode
     Daranti e nome da te sola avranno,
E per terrestri e per marine prode
     In dono ti verranno are e foreste,
     E di porti e di vie sarai custode.
Chinò la testa sorridendo queste
     Parole, e la fanciulla a Leuco volse,
     A cui le spalle una gran macchia veste;
Alla riva del mar quindi si accolse,
     Ove uno stuol di cento donzellette
     Leggiadra compagnia! seco si tolse: