Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/217

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     Ma tardi alfin la verginella in queste
     Voci proruppe: E quale infra i Celesti
     Tai larve m’inviò? Quali in mie stanze
     Sogni mi sbigottîr mentr’io dormìa
     30Sì dolcemente sulle agiate piume?
     Chi fu quella straniera, che dormendo
     Vidi, onde tanto amore il cor mi punse?
     Con quale affetto m’accolse ella, e come
     Sua figlia rimirò! Deh! piaccia ai Numi,
     35Che per me si rivolga a bene il sogno.
Ciò detto in piè levossi e in traccia corse
     Delle dolci compagne a lei d’etate,
     Statura, e voglie, e nobiltà conformi,
     Con cui sempre scherzava, o quando al ballo
     40Si disponeva, o quando s’abbellìa
     Alle correnti dell’Anauro, o quando
     Cogliea dal prato gli odorosi gigli.
     Queste le apparver tosto, e in man ciascuna
     Di lor recava un canestrin da fiori.
     45Uscîr su i prati alla marina, dove
     Solano unirsi a stuol, piacer traendo
     E dalle rose e dal fragor dell’onde.
     Europa aveva un bel canestro d’oro,
     Maraviglia a vederlo, e di Vulcano
     50Raro lavor, che in dono ei diede a Libia,
     Quando al talamo andonne di Nettuno
     Scotitor della terra. Essa donollo
     Alla chiara in beltà Telefaessa
     Sua nuora; e questa alla sua vergin figlia
     55Europa fenne un signoril presente.
     Erano in quelle effigiate assai
     Cose industri e splendenti. In oro sculta
     Io, d’Inaco la figlia, che d’aspetto
     Femmineo priva era tuttor vitella,
     60E spinta da furor coi piè scorrea
     Le salse vie di notatrice in guisa.