Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/23

Da Wikisource.

Teco dei fidi cani ivan le file
     Quando la riva del petroso Anauro
     Ti discovrì spettacolo gentile.
Erravan cerve dalle corna d’auro
     Là dove di Parrasio il pian verdeggia,
     E maggiori a vederle eran d’un tauro;
Quando mirasti la ramosa greggia
     Dicesti in tuo secreto: o degne prede,
     Che dinanzi da me le prime io veggia;
E tosto col poter dell’agil piede
     Quattro senza allentar lasso o catena,
     Pigli e soggioghi alla volubil sede;
Del fiume Celadonte oltre la vena
     Passò la quinta, e a’ Cerinei covigli
     Quarta si riparò d’Alcide pena. 2
O Dea di Tizio morte armi e cintigli
     Porti indorati e all’indorato temo
     Con indorato fren le cerve imbrigli,
Dove il tuo cocchio pria drizzasti? All’Emo
     Là donde boreal procella move
     Fastidiosa a chi di manto è scemo.
Dove i pin recidesti? In Misia. E dove
     Desti lor non potere esser mai spenti?
     Nel foco ond’arde il fulmine di Giove.
Quante fiate, o Dea, l’arco spermenti?
     Fu primo un olmo alle tue frecce segno,
     Poscia un’elce, la terza a fiera avventi,
Non spendesti la quarta in muto legno,
     Ma nel malvagio seme di cittade,
     Che pose negli altrui danni l’ingegno.
O veramente misere contrade
     A cui cadi nemica! Ivi precide
     Peste gli armenti, e grandine le biade,
Ivi canuto genitor decide
     Il mesto crin sul tumulo del figlio,
     Dolor le gravi genitrici uccide,