Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/27

Da Wikisource.

Seco assalir le perigliose imprese
     Già non increbbe a Calidonio arciero,
     Stan le zanne in Arcadia ancor sospese. 5
Nè di Reco o d’Ileo la lingua, spero, 6
     Le nuocerà nell’orco, e di lor vene
     Tinto favellerà Menalo il vero.
Diva e regina delle Imbrasie arene,
     Salve: che siedi faretrata ne le
     Sedi, che son de’ maggior Numi piene.
Tu fosti di Neléo scorta fedele
     Quando col suo drappel dal suol paterno
     Spinse al mar di Mileto Attiche vele;
A te placando l’inimico verno
     Il figliuolo d’Atreo per dono offerse
     Ne’ templi tuoi di sua nave il governo, 7
Dono che l’ali di quel vento aperse,
     Che dai lidi allargò le vele e l’ire,
     Onde fur d’Ilión le torri sperse.
A te, che da foreste e da muggire
     Alla reggia natía tornasti in Argo 8
     Levate di furor le sue delire,
Di delubri e d’altar Preto fu largo
     In Lusi ed in Azenia. In lor viaggio 9
     Bellicose donzelle al verde margo
Mostrar d’Efeso prima il divo raggio
     Dell’imagine tua, che Ippona serra
     Sacerdotessa nel troncon d’un faggio.
E l’altre armate a simulata guerra,
     O in giro al suon di fistola canora
     Concordemente percotean la terra.
Mostrato non avea Minerva ancora
     I zefiri a mandar pel van dell’ossa,
     Perchè cerbiatto e capriol si accuora.
Di quell’armi il fragor, della percossa
     Terra il rimbombo alle pendici corse
     Di Berecinto e ne fu Sardi scossa.