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di Pallatide. Nel giorno di questo lavacro non si poteva toccare l’acqua del fiume, e si doveva attingere dai fonti. Non era permesso guardare il simulacro di Pallade mentre nuda de’ suoi ornamenti si lavava nell’Inaco, ed era religiosa credenza, che il vederla e il perder gli occhi fosse tutt’uno. Questa credenza è rinnovellata dal poeta, il quale narra come Tiresia rimase cieco per aver veduta Pallade bagnarsi nel fiume Ippocrene con Cariclo madre di lui.
(2) Agesilao significa adunatore di popoli.
CERERE 1.
Ecco il canestro. O donne incominciate:
Salve inventrice delle spiche prime,
E voi profani al suol gli occhi inchinate.
Da fenestre e da luogo altro sublime
Nè donna nè fanciul nè verginella,
Nè alcun digiuno le pupille adime.
Dalle nubi lo mira Espero stella,
Che a Cere diè di bevere il conforto,
Quando in traccia correa di sua donzella.
Quale, o Diva, potere il piè t’ha scorto
Fino all’occaso e agli Etiòpi ardenti,
E delle poma d’oro infino all’orto?
E tre fiate d’Acheloo gli argenti
Senza gustar bevanda o scinger vesti,
Tre fiate varcasti altri torrenti,
E tante al Siciliano Etna corresti
Digiuna, e il fianco travagliato accanto
Al fonte di Callicoro ponesti.