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Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/56

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Altra chiunque, a cui le chiome ancora
     Il sessagesim’anno non imbianca,
     Infino al tempio non faccia dimora.
Qual più s’attempa e del cammino è stanca,
     O a Lucina le man tende per doglie,
     Verrà poscia, e mercè non avrà manca.
Salve, e in bel nodo di concordi voglie
     L’alme dei cittadin stringi e raccheta,
     E di felicità scorgi alla soglie.
La greggia impingua, e dolci poma e lieta
     Messe dispensa e pace ai nostri lidi,
     Sì che la man, che ha seminato, mieta,
E a me regina delle Dee sorridi.


NOTA


(1) Nella festa di Cerere si portava intorno il mistico canestro, a cui non potea volgere gli sguardi alcuno che non fosse iniziato ai misteri della Dea, e non avesse sciolto il digiuno. Cerere fu la prima, che trovò le biade e le leggi, il mio e il tuo. Il caso della fame di Eresittone inspira la riverenza dovuta a Cerere e agli altri dei.

Chi volesse conoscere più addentro le dottrine espresse da Callimaco in questi sei inni, potrà consultare il comentario perpetuo di Ezechiele Spanemio.