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Irene da Spilimbergo. 93


In ispazio d’un mese e mezzo trasse copia di alcune pitture del Tiziano, con tanti particolari avvertimenti alle misure, a’ lumi, alle ombre, e così agli scorci e a’ nervi, alle ossature, alla tenerezza e dolcezza delle carni, e non meno alle pieghe de’ panni, che fece stupire coloro che questa soprannatural forza videro.

D’Irene il Lanzi cita un Baccanale e tre quadretti di sacre storie, condotti, egli dice, con poca perizia di disegno, ma coloriti con una maestria degna del miglior secolo.

Fin da’suoi primi e più teneri anni fu presaga d’avere a morir giovane; e soleva dire spesse volte di sapere fermamente ch’ella non passerebbe i vent’anni della sua età. Credeva che nelle cose umane d’importanza, come nel morir più in questo tempo che in quello, e nel maritarsi più in uno che in altro e in cose di simil momento, v’entrasse l’opera del destino; e spesso diceva parole che dinotavano questa ferma risoluzione dell’animo suo. Onde aveva posto per insegna alla porta della camera delle pitture queste parole:


Quel che destina il ciel non può fallire.


al qual motto, dice il Carrer, sembra far eco l’altro nella base laterale al ritratto dipintole dal Tiziano: Si fata tulissent.

Pochi giorni appresso a quel gran lavoro delle copie del Tiziano, essendosi ella per l’addietro faticata alcun mese nel disegno e nel colorito con fissa applicazione degli occhi e dell’animo alle cose che faceva, levando la mattina per tem-