Pagina:Camerini - Donne illustri, 1870.djvu/112

Da Wikisource.
104 Donne illustri.


condusse con maniera più delicata di quella che tenessero i Campi, con gran tondezza ed unione. Delle sue prime opere fu un quadro in cui ritrasse al vivo Asdrubale, allora suo piccolo fratellino, e Minerva sua sorella, e tra l’uno e l’altra espresse la figura di Amilcare suo padre. Fece poi il ritratto dell’arcidiacono della Cattedrale di Piacenza, ed il proprio allo specchio. Passò dai ritratti ai componimenti e storie, e rappresentò al vivo in una tavola tre sue sorelle, due in atto di giuocare a scacchi, ed appresso loro una vecchia donna di sua casa.

Annibai Caro, andato da Parma a Cremona, aveva ammirato queste primizie dell’ingegno di Sofonisba, e mostratosi vago d’averne alcun saggio; e il padre di lei, lieto dell’ammirazione di un uomo, che a molte lettere e al bello scrivere accoppiava una squisita conoscenza e gusto dell’arte, parve disposto ad appagarlo, o meglio lo accileccò; e il Caro, che non sapeva resistere a questi miraggi, gli scriveva: «Nulla cosa desiderare più che l’effige di lei medesima per potere in un tempo mostrare due meraviglie insieme: l’una dell’opera, l’altra della maestra.»

La pittrice era bellissima di fatto. Il buon Proculo gli mandò un ritratto che ella aveva fatto di sè, ma l’istesso giorno glielo ritolse, come si fa, dicea Annibale, le ciliege ai bambini. Onde se ne risentì con una di quelle lettere meravigliose che egli sapea scrivere, e a cui torce il grifo chi, meglio di quel dire terso e schiettamente italiano, ama quel certo bastardume che ora più che mai imperversa in Firenze.

Il Caro però confessava non poter competere co’ principi suoi rivali nel desiderio delle opere di Sofonisba. Fatto sta