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158 Donne illustri.


Quest’opera è scritta con stile semplice e naturale, e intende a mostrare come le feste veneziane non fossero venute in uso per isvago d’oziosi, ma per ragioni storiche e civili. Aveva anche un altro fine. «L’opera mia, ella dice, è un romanzo storico. Ciò che specialmente mi diverte nel comporla sono le allusioni, perchè mostrando di dire una cosa ne accenno un’altra, e il pubblico m’intende, a quel che mi sembra.»

Non era ancora al fine del suo lavoro, che un accidente di apoplessia le fece temere di averlo a lasciare imperfetto. «Io la vidi, dice lo Zannini, poco dopo il tristo caso, e la trovai nel suo letto circondata da libri e da carte, e tutta occupata nello scrivere. Sgridatala dello affaticarsi intempestivo, mi rispose con la fermezza che era in lei così naturale; «Mio caro, voi conoscete il mal vezzo di questa sorta di malori; udii dire che ritornano dopo ventiquattr’ore; vorrei, prima d’allora, aver compiuta questa Festa.» E prima d’allora il lavoro era al suo fine; e l’ora temuta passò senz’altro.»

Dettò pel Bettoni la Vita di Madama di Sévigné, e descrisse l’isola di San Lazzaro, ora de’ Padri Armeni, per Le isole delle lagune venete, opera che rimase interrotta. La sua descrizione fu poi riprodotta con aggiunte nel libro Siti pittoreschi delle lagune venete (Gondoliero, 1838).

Fra i suoi scritti minori è altresì da notare una lettera del 27 novembre 1802 ad Ugo Foscolo, stampata più tardi, nella quale, parlando di un allagamento, divisa con fina maestria i pregi dell’Ortis. Fu impressa postuma nel 1823 una sua lettera sopra un dipinto di Giovanni Demin, rappresentante