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Cristina Trivulio Beigioioso. | 219 |
principe militare, o anche all’oltrepotenza papale; ma poiché i papi non potendo far l’Italia per sé, impedirono, come già fu notato, che altri la facesse, poiché Venezia trovò opposizione più nel volere degli Italiani che nelle contrarietà del fato, e i principi non dovevano riuscire che ad agglomerazioni parziali, è notevole che ad un capo d’Italia si allevasse una razza di forti ed avveduti signori, i quali, stretti e combattuti tra la potenza austro-spagnuola e la francese, non solo riuscissero a vivere, ma a crescere, e tratti dal loro interesse ad allargarsi nel nord dell’Italia, potessero in processo di tempo attrarre anche il centro ed il mezzogiorno.
Qualunque sia il giudizio che si voglia portare dei destini di Casa Savoia fino allo scorcio del secolo XVI, è certo che da Enrico IV data la politica italiana di lei; l’idea delle annessioni lombarde, che dovea, col volger dei tempi, allargarsi al concetto delle fusioni parziali, e poi, arridendo il cielo, all’unione di tutto il paese.
Osservano alcuni che queste teorie, le quali non sono che la formula dei fatti finali, non sono d’una alta filosofia, nè storica, nè morale; ma piuttosto son d’alta poesia; e scusano l’Eneide della Roma grande e potente. La serie dei fatti per più di cinque secoli è così indifferente che la stessa autrice non la pone neppur sul letto di Procuste per allungarla o scorciarla a suo uopo. La serie susseguente è più chiara; tuttavia l’autrice nella degenerazione della dinastia spodestata ed esule in Sardegna, per le vittorie francesi, e restaurata, ma non rinsavita, per la caduta dell’Impero, è costretta volgersi alla riserva che la Provvidenza aveva provvisto all’Italia nel ramo collaterale dei Carignano; e nei pentimenti