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90 Donne illustri.


Bembo, ed il Canzoniere del Petrarca. — Nella musica si avanzò tanto, ch’ella, dopo non lunghi studii, cantava sicuramente a libro (a prima vista) ogni cosa. Seguiva i migliori maestri, secondo narra Dionigi Atanagi da Cagli, «imparando infiniti madrigali, in liuto, e ode, ed altri versi latini.» Spiccò molto nel canto e nel suono, non solo di liuto, ma d’arpicordo e di viola.

Si diede con l’Emilia, sua maggior sorella, al dipingere, ed ebbe per iscorta e maestra una valente e costumata giovane per nome Campaspe. Nel disegno prendeva esempio dalle cose più perfette di Tiziano, e riceveva aiuto dall’arte del ricamare, nella quale era eccellente. Pare che quel gran maestro si compiacesse della sua ingegnosa imitatrice, e che col suo indirizzo ella si ponesse al colorito.

Era nemica mortale dell’ozio. Aveva preso il costume di levarsi il verno due o tre ore innanzi al giorno, e con poca sollecitudine della sua salute, che soffriva dal troppo vegliare e dal freddo. Quando le era detto di aversi cura, ella rispondeva: «A che aver tanto riguardo a questo corpicciuolo, ch’altro non è che vil fango e poca polvere?»

Era bella di corpo, e tanto amabile e graziosa nel volto e in tutti i movimenti della persona, che era quasi impossibile che uomo l'incontrasse per istrada e non si fermasse a contemplarla. Era di statura mediocre, ma formatissima di tutto il corpo. Aveva il volto ben misurato, pieno d’una certa venustà, e d’un sangue così dolce e benigno, che era soavissimo a contemplare. Gli occhi poi, erano per grandezza, per colore, per vivacità, per dolcezza di spiriti, per incassamento, e così per ombra, procedente dalla lunghezza delle