Pagina:Campanella, Tommaso – Lettere, 1927 – BEIC 1776819.djvu/123

Da Wikisource.

lettere 117

Sed nihil disputare ex voto mihi permittitur, quia nec tempus nec valetudo nec libri nec spirituum hilaritas adsunt, nisi mihi, uti Helisaeo, quis citharam pulset. Est omnino, ne dubita, numen in homine ad curandos morbos et virtutes edendas. Itaque quamvis ego pharmaca praeberem arcana, nil vobis absque me prodessent, quin irrisioni paterent. Ergo princeps vester curet me ad se accersendum; et nisi curavero regionem prorsus, caussam non dico quin me colonis ac rusticis lapidandum exhibeat etc.

Vale, domine, et iuva, cum possis, tui amatorem et Scioppii tui clientem. Ex Caucaso, in cuius fossa in altitudinem viginti duorum graduum depressa. humida et obscura, nullo meo merito quartum iam annum amplius compedibus vinctus detineor a die 24 iunii (?) anni 1607, ea ipsa bora qua tuas accepi.

 [Neapoli, 24 iunii (?) 1607].

XIX

A Cristoforo Pflug

Cristoforo Pflug che interessò lo Schopp per il Campanella, è da questo ammonito a lasciare una vergognosa tresca e recarsi subito in Germania a combattere la causa della fede ed a trattare la liberazione del filosofo che languiva nelle segrete de’ castelli napolitani.

Se ti ricordi. Cristofaro mio, io brevemente ti dimostrai ch’era stolto pensiero onorar piú la parte ch’il tutto, e piú gli effetti che le cause prime. Onde conobbimo che sendoci ragione e senno nella costruzion delle piante e degli animali, e gran manifesta ragion nell’uomo, forza era ch’il mondo, di cui queste son particelle, sia di conoscenza mirabile avvivato e governato; e che noi stavamo dentro a lui, come i vermi dentro il ventre umano, che non conoscono l’anima razionale che l’uomo governa, ma si pensano che sia un’insensata massa.