Pagina:Campanella, Tommaso – Lettere, 1927 – BEIC 1776819.djvu/262

Da Wikisource.
256 t. campanella

in dieci giorni arrivai in Francia ed al primo di decembre in Parigi. Prego Vostra Eminenza mi perdoni se alcuna volta venni in pensiero che Vostra Eminenza non amasse il servo suo o non stimasse le cose piú stimabili. Rimanderò la carta quando la vedrá il re cristianissimo, per testimonio che Vostra Eminenza non è contrario a Sua Maestá, come il volgo qualche volta dice; e perché vegga che non fuggo la giustizia e la ragione, ma il torto manifesto.

Sa Vostra Eminenza che da principio, quando io praticavo spesso con Nostro Signore per gusto di virtú, che subito quelli chi pretendeno a cardinalati nella nostra religione, sparsero fama per sé e per gli altri, ed a me lo diceano, che si dicea ch’io con Sua Beatitudine trattassi cose di stato ed astrologie. E l’han detto fin a Bologna ed in Francia, e mi posero in sospetto con li spagnoli che machinassi contra loro. Ed io non pensavo tanto sottilmente che Vostra Eminenza non mi volea parlare, né approbava la mia pratica in palazzo per queste gelosie, che poi han partorito quel male che Vostra Eminenza antivedeva sagacemente. Sa ancora che li spagnoli stimando poi ch’avessi io composto certo dialogo per bene ed avviso di Francia, e quel distico in risposta di un altro nefando fatto contro la maestá cristianissima, ordirò mille stratagemme per accusarmi di lesa maestá e farmi tornare in Napoli, come sempre hanno procurato dopo che in abito mentito fui trasportato in Roma. E quanto in Napoli ha trafficato un fratel del mio persecutore, perché io fossi nominato in cosa che non ci ho pensato mai. E prego Dio che mai non mi perdoni di tal colpa, s’io l’ho fatta o consultata o ne fossi stato consapevole; e che il pentir non mi vaglia. E pur i miei son tribulati senza causa, solo perché si dicesse cosa contra me, onde Vostra Eminenza fosse forzata a darmi in man loro; ma Dio ha parlato nel cor de’ miei padroni, e forse questa persecuzione è vaticinio.

E per quel che devo a Nostro Signore ed a vostra casa eccellentissima, non lascierò d’avvertirla non per vendetta mia, ma perché conviene al principe saper tutto. Sappia che