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284 t. campanella

l’abito, e le cerimonie di qua ha trasferito alla Minerva, — e spagnolo a spagnoli. Alli quali è con veritá addetto, e sempre negozia per loro, e la notte va a Borgia ed agli altri spagnoli, e finge a frati che va a San Sisto, e poi la mattina da quei di San Sisto sapeamo il contrario. E quando nel dicembre del [16]33 Vostra Beatitudine stette indisposto, lui con Borgia ed altri fecero di notte il novo papa. Ci intervenne Ubaldino. Io lo seppi da Giovanni Battista Fabi, e questo dal Ranuccini suo nepote.

Ma perché s’intenda al filo quel ch’egli è, e perché opera cosí, sappia Vostra Beatitudine che da tutti specolativi è tenuto per ateista e dalla maggior parte de’ frati. E me l’avvertí da principio il teologo d’Ubaldino, sendo da lui gabbato nella promessa del vicariato generale. E mi rivelò li precetti che esso Rodolfi e fra Pietro Giustiniano ebbero da fra Grigorio Servanzio lor maestro ateista — ed eran questi fra gli altri robba del Macchiavelli: «screditate ognuno che vi può andar avanti; tradite, ingannate, date bone parole, e non rompete mai del tutto». De li medesimi precetti mi rivelò il vescovo di San Sepolcro, quando era frate. E lui venendo a star nella Minerva, fu avvisato che stesse in cervello con questi discepoli del Servanzio macchiavellisti; item ch’il cardinale Pietro Aldobrandino, per certa suspizion d’esser tradito, ha intercetto una lettera del Servanzio fatto giá vescovo, e che ci trovò dentro li medesimi precetti repetiti alli due prefati a’ quali andava la lettera, e mi disse il come. Ed in veritá si conosce dal suo operare ch’è cosi; perché in lui non ci è religiositá se non finta, né veracitá né caritá né amicizia; ma tanto mostra amar uno quanto n’ha bisogno, e poi subito lo trade. Saria lungo a dar altri (?) esempi di ciò, e de’ suoi falsi giuramenti e promesse infedeli.

E per confermazione può vedere Vostra Beatitudine una lettera venuta da Bologna al padre Firenzola di cose nefande ch’ha fatto il generale, scritta da un padre maestro vecchio di bona vita, che si mettea in poena talionis se non provava quanto era in essa circa il governo e vita del generale.