Pagina:Campanella, Tommaso – Lettere, 1927 – BEIC 1776819.djvu/377

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lettere 371

esser a Vostra Beatitudine raccomandato etc. Qua non si paga. Io sto mendicando. Al re non parlo per non dispiacer a’ ministri; i ministri dicon e non fanno; ed alcun m’invidian la grazia del re e del Cardinal duca. Il quale non sta mai otto giorni in un luoco; e quando averò buscato carozza per trovarlo, o è partito o tratta con ambasciatori o etc.; e mi fa carezze assai e comanda a’ ministri che sia pagato, ma poi non si fa: e pur si serve di me in cose a lui gloriose ed al regno non inutile. Ho detto a Vostra Beatitudine; intende.

Il Rodolfi sempre scrive contra me per mettermi in disgrazia a seculari, non che a frati, perché mi persequitassero con secolari ed in convento. Se mi dá licenza, scriverò quel che da Nostradamus si cava, che Vostra Beatitudine ha da viver diece altri anni; le cui dicerie esaminate con gli eventi passati son di stupore insolito, perché ci mette i nomi. E quel che fo con li sorbonici, e vittoriosamente per l’autoritá del santo pontefice, e con li padroni per li benefici di Lotaringia, il signor abbate di Barlam[ont] lo vede, e chi vol saperlo senza invidiarmi la grazia di Vostra Beatitudine, alla quale senza fine mi raccomando e prego da Domenedio vita lieta e lunga a ben del popolo di Dio. Amen.

 Parigi, i decembre 1636.

Di V. B. baciando i santi piedi
servo fedele e cordiale, il
Frate Campanella delle glorie sue.


Li mando l’eresie dell’Alvarez contra san Tomaso e contra me, difese da Rodolfi suo discepolo.