Pagina:Campanella, Tommaso – Poesie, 1915 – BEIC 1777758.djvu/284

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278 annotazioni


matura nella mente del C. a tempo della congiura. L’accenno «orni la scola mia» del v. 2 si riferisce all’essere il sole appunto l’insegna della sua ideale societá, meta di tutto il suo insegnamento. Degno di nota è quel che disse Felice Gagliardo, nel luglio 1606, del culto che il C. promoveva tra i suoi compagni di carcere pel sole: «E quando io adoravo il sole e la luna, voleva fra Tomaso Campanella che io adorasse il sole in quel modo che mi ritrovava in piedi, coverto o scoverto, guardando fissamente quanto poteva, tanto nel nascere la matina, quanto nel tramontare la sera, e dicesse queste parole, cioè: — O sacrosanto sole, lampa del cielo, padre de la natura, portatore delle cose a noi mortali, e condottieri de la nostra simblea, — e altre parole» (Am., Cong ., iii, 588).

ECLOGA

Venne in luce nel gennaio 1639; onde il C. poteva scrivere il 1° febbraio di quell’anno al card. Antonio Barberini: «Come a protettor di Pranza e divoto ex toto corde, secondo con gli effetti dimostra, io, come servo ex toto corde e salvo sotto la medesma corona, fior del mondo e sostegno di santa Chiesa, mando a V. E., per appendice de le feste ch’Ella ha fatto, l’ecloga ho fatto io nella nativitá del principe il Delfino» (in D. Berti, Lett. inedite di T. C. e catal. delle sue opere, Roma, 1878, estr. dalle Mem. d. Lincei, p. 67).

Verso 103. — L’«Orpheus aevi nostri, Melchisedech et Apollo» è Urbano VIII, delle cui poesie il C. scrisse (1627-29) un lungo commentario (conservato nel cod. Barberiniano xxix, 262). Cfr. Amabile, Cast., i, 315.

Nota 10. — Per tutte queste mutazioni, celesti presagi della fine del mondo, cfr. Metaph., xi, 10, 11, 17.

Nota 11.— La stessa menzione di Aggeo [ii, 8] e Ipparco in Metaph ., ix, 16, a. 2; cfr. cap. 17, a. 1.

Nota 13. — Da piú di 40 anni il C. veniva predicando questa «renovationem saeculi», forte delle predizioni dei profeti e delle osservazioni degli astri. Veggasi la sua Narrazione piú volte cit.; la lett. al papa e ai cardinali del 1607 tra quelle pubbl. dal Centofanti, in Arch. stor. ital., t. cit., parte ii, p. 75; lett. allo Sdoppio, in Amabile, Cast., ii, docc., p. 62; Ath. tr.2, p. 120; Metaph.,