Pagina:Campanella, Tommaso – Poesie, 1915 – BEIC 1777758.djvu/300

Da Wikisource.
294 nota


dei cantici onde era composta, nel 1617, nella prefazione al primo opuscolo del Campanella, pubblicato come saggio della sua dottrina:

Prodromus philosophiae instaurandae, al quale si compiacque di premettere il sonetto a lui indirizzato (n. 70 della Scelta . Alcune delle poesie fece tradurre dal suo amico Andreae, che le inseri nel suo Geistliche Kurzweil nel 1619. Ma, quando gli parve che il nome, il pensiero e i casi dello sventurato filosofo italiano fossero giá noti in un circolo non piú ristretto di studiosi, si risolse a pubblicare il libro, benché molto probabilmente in uno scarsissimo numero di esemplari. Se ne conoscono infatti appena due: uno esistente nella Stadt-Bibliothek di Zurigo, ed è quello procuratosi a grande stento dall’Orelli; e uno nella Biblioteca dei Gerolamini di Napoli. È un piccolo in-4, di pp. 8 non num. di frontespizio e dedica, e 128 di testo, compreso un «corregimento degli errori della stampa», che è a p. 128.

Scelta | D’alcune | Poesie filo- | di | Settimontano Squilla | Cavate da’ suo’ libri | detti | La Cantica | Con l’esposizione: | Stampato nell’anno | m.dc.xxii. Manca ogni nota di luogo e di editore.

Del libro, lungo tutto il secolo xvii, non si ha ricordo. L’unica citazione delle «poesie toscane» del C. si trova in un trattato a stampa, ma incompiuto e non pubblicato, dell’erudito napoletano Giuseppe Valletta, del 16961: citazione importante, perché basta a dimostrare che l’esemplare oggi appartenente alla Biblioteca dei Gerolamini fu giá del Vailetta, i cui libri passarono, com’è noto, a’ Gerolamini; e però fu certamente sotto gli occhi di Giambattista Vico, che, amico del figlio del Valletta e della «celebre biblioteca vallettiana» frequentatore, apprezzò i libri di essa per la vendita che ne fu fatta a quei padri dell’Oratorio2. Durante tutto il ’700 non se ne incontra nessuna traccia. Nei primi del sec. xix, nella sua Adraslea, l’Herder (che del C. dovette avere la prima notizia attraverso l’Andreae, alle cui poesie egli premise una prefazione, in un’edizione che se ne fece a Lipsia, nel 1786) riesumò il libro dimenticato, e ne fece gustare la bellezza, traducendone ventisette poesie, e soggiungendo una notizia dell’opera

  1. Amabile, Il Santo Offizio della Inquisizione in Napoli, n, 67, n. 1 e G. Gentile, Studi vichiani, Messina, 1915, p. 445.
  2. G. B. Vico, Autobiografia, ed. Croce, p. 192; cfr. p. 113.