Pagina:Campanella, Tommaso – Poesie, 1938 – BEIC 1778417.djvu/27

Da Wikisource.

scelta di poesie filosofiche 21


ed insidiarle, e rovinare quelle e sé e la Repubblica. All’incontro, l’amor universale vero, divino, stima piú il mondo che la sua nazione e piú la patria che se stesso: tutti tiene per fratelli, gode del ben d’altri, vi cessa la penosa invidia e gelosia; e così viene a goder d’ogni bene, come del proprio, a far bene a tutti, ed esser poi signor di tutti per amore ed innocenza, non per forza. E porta l’esempio di san Francesco, che chiamava i pesci e gli uccelli «fratelli suoi», e gli liberava quando erano presi; onde arrivò a tanta innocenza, che l’ubbidivano gli animali. Cosi a san Biago ed altri santi; e così sarebbe stato nel secolo d’oro, se Adamo non peccava.

11

Cagione, perché meno si ama Dio sommo bene
che gli altri beni, è l’ignoranza

     Se Dio ci dá la vita, e la conserva,
ed ogni nostro ben da lui dipende,
ond’è ch’amor divin l’uom non accende,
ma piú la ninfa e ’l suo signor osserva?
     Che l’ignoranza misera e proterva,
ch«f s’usurpa il divin, per virtú vende:
ed a cosa ignorata amor non tende;
ma bassa l’ale e fa l’anima serva.
     Qui se n’inganna poi e toglie sostanza
per darla altrui, ne’ vili ancor soggetti
ci mostra i rai del ben, che tutti avanza.
     Ma noi l’inganno, il danno (ahi maledetti!)
di lui abbracciamo, e non l’alta speranza
de’ frutti e ’l senso degli eterni oggetti.

In questo sonetto dichiara che l’ignoranza, predicata per bontá da’ falsi religiosi, è causa di non conoscer Dio né amarlo (quia «ignoti nulla cupido») piú che gli beni umani e vili. Dove amor bassa l’ale e fa l’anima schiava di cose frali, e pure in questi oggetti frali ci inganna, ché ci toglie la sostanza e ’l seme per