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XXIII. CANTO NOTTURNO 553


E non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto.
125Non so già dir ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi. io chiederei:
Dimmi: perchè giacendo
130A bell’agio,
S’appaga ogni animale?
Me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale?
     Forse s’avess’io l’ale
Da volar su le nubi,
135E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo.
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
140Mirando all’altrui sorte, il mio pensiero
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
È funesto a chi nasce il dì natale.