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xxxiii. il tramonto della luna 127

dei dilettosi inganni; e vengon meno
le lontane speranze,25
ove s’appoggia la mortal natura.
Abbandonata, oscura
resta la vita. In lei porgendo il guardo,
cerca il confuso viatore invano
del cammin lungo che avanzar si sente30
meta o ragione; e vede
ch'a sé l’umana sede,
esso a lei veramente è fatto estrano.

     Troppo felice e lieta
nostra misera sorte35
parve lassú, se il giovanile stato,
dove ogni ben di mille pene è frutto
durasse tutto della vita il corso.
Troppo mite decreto
quel che sentenzia ogni animale a morte,40
s’anco mezza la via
lor non si desse in pria,
della terribil morte assai piú dura.
D’intelletti immortali
degno trovato, estremo45
di tutti i mali, ritrovâr gli eterni
la vecchiezza, ove fosse
incolume il desio, la speme estinta,
secche le fonti del piacer, le pene
maggiori sempre, e non piú dato il bene.50

     Voi, collinette e piagge,
caduto lo splendor che all’occidente
inargentava della notte il velo,
orfane ancor gran tempo
non resterete, che dall’altra parte55
tosto vedrete il cielo
imbiancar novamente, e sorger l’alba: