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346 luigi la vista

cero battere tanti cuori giovanili? Non mi meraviglierei, dicevo, perchè il protagonista pare una delle creature più ideali che abbia mai immaginato alcun autore moderno: e la stessa forma generale del libro, composto dagli scritti di Luigi La Vista e dalle aggiunte e note dell’editore, concorrerebbe a ingenerare quel dubbio, che il Villari abbia fatto un romanzo, misto più o meno di storia, a somiglianza di quei due famosi esemplari. Questa volta però, a maggior gloria del nome italiano, si tratta di fatti non immaginati, ma veri: si tratta della breve storia di un uomo vissuto solo ventidue anni, e che pur fa onore alla storia di un popolo intero.

Non ci è un atto solo in quella vita che non fosse ispirato dal fine altissimo, al quale, come a sua meta, essa era ognor volta. Quanto il La Vista facesse, pensasse o sognasse, tutto pareva dovesse apparecchiarlo a quella grandezza, a quel martirio, per cui la sua vita, che sin allora era stata pur bella, divenne santa; per cui la sua memoria, che pur ci sarebbe rimasta cara nei suoi scritti, c’invita a inginocchiarci sul terreno ov’ei cadde. Come un gran poeta trae da tutte le cose ispirazioni e incitamenti, così quel meraviglioso giovane, dai propri studi, dai colloqui con gli amici, dalle bellezze della natura, da quanto accadesse intorno a lui, traeva nuovi conforti a proseguire il suo ideale e nuove cagioni di ardenti speranze.

Questo sentimento è come l’anima che informa tutti i suoi scritti; ed è talvolta espresso con parole