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356 | luigi la vista |
egregi effetti, quando chi l’adoperi abbia un cuore, la cui nobiltà gli faccia più agevole l’intendere tutto ciò ch’è nobile e gentile negli altri.
Di quella cara anima di Vittoria Colonna hanno scritto molti; ma forse nessuno come il La Vista ne comprese appieno i pregi e i difetti, e dimostrò come questi ultimi non le tolgano quella maggiore originalità che la diparte dagli altri cinquecentisti. «In Vittoria Colonna», egli scrive, «grande mi parve la somiglianza tra la donna e la poetessa; e questa somiglianza è il pregio della sua poesia, la quale di astratta e letteraria si rende reale e vera... Dall’indole casalinga e dall’animo verginale di Vittoria Colonna naturalmente sorgeva una vena di poesia schietta, fresca, limpidissima... Niun critico sarà più severo di me, se dalla donna giudicherà la poetessa, e se l’una e l’altra collocherà fra il Bembo e l’imitazione da una parte, l’Aretino e la corruttela dall’altra»1.
La storia letteraria, che ai dì nostri è scritta con più giusti criteri estetici che prima non si facesse, potrebbe, pare a me, accettare come verissime queste sentenze, profferite, circa quarant’anni fa, da un critico poco più che trilustre.
Allo stesso modo egli intese quella ricca e singolare natura di Salvator Rosa, uomo di «due anime»2,