e più la morte non sarà. Ma il vento
freddo che sibilando odo staccare
le foglie secche, non sarà più forse,
quando si spiccherà l’ultima foglia?
E nel silenzio tutto avrà riposo
dalle sue morti; e ciò sarà la morte.
Io riguardava il placido universo
e il breve incendio che v’ardea da un canto.
Tempo sarà (ma è! poi ch’il veloce
immobilmente fiume della vita,
è nella fonte, sempre, e nella foce),
tempo, che persuasa da due dita
leggiere, mi si chiuda la pupilla;
né però sia la visïon, finita.
Oh! il cieco io sia che, nella sua tranquilla
anima, vede fin che sa che intorno
a lui c’è qualche aperto occhio che brilla!
Così, quand’io, nel nostro breve giorno,
guardo, e poi, quasi in ciò che guardo, un velo
fosse, un’ombra, col lento occhio ritorno
a un guizzo d’ala, a un tremolìo di stelo:
quando a mirar torniamo anche una volta
ciò ch’arde in cuore, ciò che brilla in cielo;
noi s’è la buona umanità che ascolta
l’esile strido, il subito richiamo,
il dubbio della umanità sepolta;
e le risponde: — Io vivo, sì: viviamo —