Pagina:Capella - L'anthropologia, 1533.djvu/105

Da Wikisource.
IL TERZO ET ULTIMO LIBBRO DELL'ANTHROPOLOGIA DI
GALEAZZO CAPELLA.


A

' Me pare, quanto più la benignità della Natura verso noi considero, che niun maggior dono ch'el parlare à gli altri animali siamo superiori; che possiamo i nostri concetti colla lingua isprimere, essi non possono di che non veggo cosa più utile, ne più aggradevole. Perciò che col parlare troviamo chi in ogni nostra necessità ci sovegna: et tra tutte le dilettationi se non sono mescolati i ragionamenti, i piaceri non solamente non piacciono, ma sovente si convertono in noia. Et se questo aviene tra gli ignoranti, quanto da più esser debbono i parlamenti de gli huomini dotati di dottrina; i quali parlano con più ragione, et di soggietti più eccellenti: et da loro non parte persona mai, che non possa imparare qualche degna cosa. Perciò furono in tanta riverenza que sette savi di Grecia, et gli antichi philosophi, che tra le brigate disputavano del colto degli dei, de movimenti del cielo, delle cagioni di queste cose inferiori, degli uffici che l'huomo era tenuto far per la patria; et finalmente di tutto quello che gli appartenesse. Et si trovarono alcuni, à cui piacque cio che altri dicevano riprovare. Io quale stile parendomi atto à ricercar il vero di tutte le cose, delle quali accade disputare, poi che gia habbiamo