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del ramaio, non c’era in nessuno di essi il minimo buchino.
— Mettete ogni cosa da parte; manderò un servitore domani.
Pagò e andò via.
— Perché piangi, figliola?
— Perché sono disgraziata!
— Non disperare. Com’è venuta la fortuna per tua sorella, verrà un giorno o l’altro anche per te.
Una mattina il ramaio vide fermarsi davanti alla bottega un ragazzaccio col vestito a sbrendoli e i piedi scalzi; sembrava mezzo scemo.
— Che cosa vuoi? Come ti chiami?
— Mi chiamo Reuccio.
Il ramaio trasalì. E senza chieder altro, lo invitò a entrare, a sedersi e corse su dalla figliola.
— È arrivato il Reuccio! Travestito, per non farsi riconoscere; i grandi sogliono fare così.
Reginotta, fuor di sé dalla gioia e dalla vanità, si alzò, si agghindò, e scesa giù, si fece avanti con un grand’inchino:
— Ben venuto, Reuccio!