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i soliloqui di bicci 145

no le cartelle di rendita che dovresti ereditare alla mia morte. E siccome non si sa mai quando nè come si muore, e ci potrebbero essere degli indiscreti da frugare prima di te nei miei cassetti... Prendi! Comincia a godertele fin da ora!

Figuriamoci se mio zio Tommaso Bicci potrebbe indursi a un atto così semplice, diretto, con quel suo cervello balzano che non gli ha permesso di ricordarsi di me in tant’anni, neanche per cavarsi la curiosità di sapere se ero vivo, morto, scapolo, ammogliato, ricco, povero, galantuomo, farabutto, quasi il figlio di suo fratello non fosse mai esistito! Ora, tutt’a un tratto: — Vengo per fare testamento. Trovami un notaio onesto!

L’ho qui vicino, accanto al portone, uno studio notarile molto accreditato, a giudicare dalla folla dei clienti che entrano ed escono durante la giornata. Studio, perchè? A meno che la denominazione «studio» non voglia significare: Luogo dove si studia il miglior modo d’imbrogliare la gente. Conosco il notaio, vecchietto rubizzo, soltanto per saluto ogni volta che esco di casa, e lui arriva, alla stessa ora, regolarmente. — Buon giorno, signor notaio! — Buon giorno, signooor.... — Non c’è verso che mai si ricordi del mio nome. — Condurrò mio zio da lui.