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Giacinta alzò la testa:
— Come la intende?
— Con una persona che non si sa precisamente chi sia, bisogna condursi con maggiori cautele, essere meno... gentile, tenerla un po’ in distanza...
— Lo tratto come gli altri.
— Pare di no. Già te lo affibbiano... per amante.
— Che sciocchezza!
La signora Teresa abbassò gli occhi e non aggiunse più nulla.
XIII.
— Un mostricino! — dicevano le persone dell’arte, parlando di quella palazzina.
Ma la facciata d’essa sorrideva all’occhio, senza pretese, quantunque sovraccarica di ornati.
Al sito di calce fresca, di colla d’amido, di vernice che c’era dappertutto, la signora Marulli arricciava il naso. In parecchie stanze mancava la tappezzeria; Giacinta voleva addobbarsele a proprio gusto; e la signora Teresa ripeteva i suoi consigli, dava pratici suggerimenti, indicando il pittore, un romano, per gli ornati del salone...
— Se vuoi qualcosa di artistico. Non vedi che meschinità questi soffitti?
Invece, il conte e il signor Paolo trovavano tutto perfetto.
— Bellissima la vernice degli usci!
— E quegli uccellini lassù? Son lì lì per volare.
— E quelle frutta? Cospetto! Vien l’acquolina alla bocca.