Pagina:Capuana - Giacinta.djvu/192

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camente quale noi ce la foggiamo; l’ho osservato un po’ negli altri, un po’ in me stessa. Poi, le circostanze modificano tutto. Le piccole qualità possono valere più delle grandi; i difetti diventare un merito. Da che cosa lei crede che dipenda il predominio di lui sul mio cuore? Quasi unicamente da quella sua mitezza di carattere, da quella sua bontà che gli altri, forse, chiamano debolezza. Mi amava diversamente da tutti, compatendomi... E gli ho immolato ogni cosa, e n’ho fatto lo scopo della mia vita!... Il disinganno mi ucciderebbe. Già... mi sento colpita.

Il dottore rimaneva indeciso. Certe inflessioni, certe sfumature dell’accento e della voce di lei, alcuni rapidi movimenti delle labbra e degli occhi gli avevano rivelato assai più che le parole non dicessero.

— Vi è un solo rimedio — rispose. — Viaggi.

— Mi faccia dormire; non le chieggo altro!

Follini cavò di tasca il portafogli, scrisse la sua ricetta e la posò sul tavolino.

— Un cucchiaio, prima d’andare letto... Oh, la cattiva bambina!

E si mise a fare una carezza all’Adelina che, entrata di corsa, scalmanata, s’era afferrata al collo della mamma coprendola di baci.

— Non si dice nulla al dottore? — la rimproverava la mamma.

La bambina gli fece una smorfietta, ma un colpo di tosse la interruppe.

— Badi: la stagione è pericolosa. La difterite infierisce.

Giacinta trasalì e strinse, istintivamente, la figliolina tra le braccia:

— È un po’ calda, è vero?... Non mi faccia paura.