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la padellina 247

— Reuccio o non Reuccio, ho la parola di Sua Maestà; in cucina dobbiamo starci soltanto mio padre e io.

Il Reuccio, indispettito, afferrò la padellina ch’era lì tutta affumicata e gliela strofinò nella faccia, annerendogliela come quella d’una mora.

Ma da quel giorno in poi, la padellina non frisse più; e il nero del fumo rimase su la faccia della ragazza, quasi fosse stato il color naturale della pelle; nè acqua nè sapone riuscirono mai a mandarlo via.

La Regina, non potendo più mangiare la solita costoletta o la solita frittata, tornò a peggiorare e si ridusse in fin di vita. Il Re, che l’amava più dei propri occhi, montò in furore, e per poco non fece tagliar la testa al Reuccio. Alle preghiere della Regina, si contentò di scacciarlo dal regno coi soli vestiti che si trovava indosso.

La ragazza, non avendo più nulla da fare nel palazzo reale, tornò a casa col padre, e tutti e due ripresero la vita consueta: egli andava a giornata, ella filava stoppa o tesseva tela per conto delle vicine; ma non cantava più, nè si faceva più vedere su la porta, di casa per via della faccia impiastricciata di nero.