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NOVELLE ROMENE 31


stenza. Leiba ha visto già quattro volte il dente torto di acciaio penetrare e ritirarsi fuori.

«Ora porta la sega...» dice Giorgio.

Una lama stretta di sega passa attraverso il primo buco e comincia a rodere con mosse celeri e regolari. Era facile comprendere l’intenzione: quattro buchi nei quattro angoli di un quadrato; tra questi la sega tira le linee; nel centro del quadrato sta già infitto il succhiello. Quando il pezzo è completamente segato lo si tira fuori; e per il vuoto rimasto una mano forte s’introduce, afferra la trave, la toglie via e... i goi sono nella casa di Leiba.

Lo stesso succhiello fra qualche momento sarà lo strumento della tortura di Zibal e di tutti i suoi...

Due carnefici tengono la vittima per terra, le membra distese, e Giorgio ponendole il calcagno sul ventre infiggerà lentamente il succhiello, come nel legno morto, nell’osso vivo del petto, profondo, più profondo, per toccare il cuore, per arrestarne i battiti forti, per inchiodarlo.

Un sudore freddo bagnò tutto il corpo di Zibal: egli sentì i suoi ginocchi cedere e lentamente si lasciò cader a terra, come una bestia che tende il collo per ricevere l’ultimo colpo.